All’età di 81 anni si è spento Giuseppe Giacomini

Nel momento in cui la parabola artistica di Mario Del Monaco e di Franco Corelli entrava nella fase discendente, il debutto di Giuseppe Giacomini, Pinkerton, in Madama Butterfly, a Vercelli, nel 1966, e la sua conseguente affermazione diedero al pubblico e alla critica la convinzione che la scena lirica disponesse di un cantante in grado di raccogliere il testimone dei due celebri artisti. Nei decenni successivi Giuseppe Giacomini si impose all’attenzione delle platee internazionali, con presenze in teatri di grande prestigio, come la Scala, (vi apparve Rodolfo nella Bohème, Canio nei Pagliacci, Mario Cavaradossi in Tosca, Don Alvaro nella Forza del Destino, Maurizio di Sassonia in Adriana Lecouvreur, Calaf in Turandot, Turiddu in Cavalleria rusticana, Rodolfo in Luisa Miller, oltre che in alcuni concerti, uno dei quali accanto a Daniela Dessì), il Covent Garden (vi debuttò nella Fanciulla del West), il Metropolitan (nel teatro americano lo sì è ascoltato nella Forza del Destino, Tosca, Aida, Il Trovatore, Manon Lescaut, Don Carlo, Cavalleria rusticana), la Staatsoper di Vienna (il pubblico austriaco lo ha applaudito nella Forza del destino, Norma, La Bohème, Il Trovatore, Otello, Pagliacci, Aida, Andrea Chénier, La fanciulla del West, Madama Butterfly) etc..

Giuseppe Giacomini possedeva una splendida voce, virile, timbrata, sicura nel grave, piena nel centro, capace di ghermire con slancio l’acuto e di farlo vibrare con forza e penetrazione.

Il disco non ha saputo mettere in adeguato rilievo i meriti del tenore veneto, così la sua discografia si riduce a pochi titoli, ma sufficienti per ricordarci alcune caratteristiche di questo valoroso artista. Il Pollione della Norma ci offre l’esempio di un autentico bari-tenore, che non a caso seppe affrontare con incisività il Giasone della Medea di Cherubini e il Crispo della Fausta di Donizetti; Don Alvaro della Forza del destino mette in luce il tenore verdiano, che non mancò l’appuntamento con il personaggio di Otello, dandone una definizione vocalmente autorevole; Des Grieux della Manon Lescaut e Luigi del Tabarro la forza di un tenore capace di dare adeguato rilievo alla robustezza della vocalità pucciniana; Canio dei Pagliacci, la voce ideale per la produzione verista, di cui frequentò con successo numerosi titoli, dall’Andrea Chénier all’Adriana Lecouvreur.

G. L.

Nel numero di ottobre la nostra rivista dedicherà un focus per approfondire la voce e l’arte del tenore veneto.