Riccardo Chailly infiamma l’Eroica.
Inaugurazione della stagione della Filarmomica della Scala.
Di Giancarlo Landini
Riccardo Chailly ha inaugurato la Stagione della Filarmonica della Scala. In programma la Sinfonia n.2 in re maggiore op. 36 e la Sinfonia n.3 in mi bemolle maggiore op. 55 Eroica di Ludwig van Beethoven.
Per la Sinfonia n. 2 Chailly cerca una lettura che evidenzia le novità, per dimostrare in che misura i modelli derivati dal sinfonismo di Haydn e di Mozart siano, se non trascesi, certo insidiati da una sensibilità nuova e diversa, condivisa con altre opere dello stesso biennio, 1801-1802, in cui il lavoro fu composto. Da qui deriva la scelta di sonorità intense, che vanno ad iscriversi nel gusto per il suono massiccio, che spesso caratterizza le interpretazioni di Chailly. Da qui scaturiscono le dinamiche accentuate, quasi a rompere, se non del tutto, almeno in parte l’ariosa classicità della Sinfonia n.2.. Mi sembra che il risultato sia interlocutorio e non del tutto convincente, come se la volontà di enfatizzare il melos, finisse per chiedere troppo ad una sinfonia che, pur tra i molti pregevoli spunti, è ancora gracile rispetto alle più mature sorelle.
Al contrario la Sinfonia n.3, l’Eroica, il primo dei risultati assoluti della produzione sinfonica di Beethoven, trova in Chailly la bacchetta capace di infiammarla e di restituircela in tutta la sua forza senza timore dei confronti cui si espone chiunque diriga questa pagina. Chailly si trova a suo agio nelle ampie strutture della Sinfonia, che innervano di sé il primo e il secondo movimento. Il sicuro dominio della forma gli consente di individuarne l’articolazione e di entrare nella complessità della dialettica di Beethoven. Ancora una volta ci viene dimostrato che la forma è il contenuto e solo chi ha il senso della forma può penetrare il contenuto. L’approccio del Maestro sa evitare i turgori tardo-romantici o ritmi narrativi di epica sacralità, cari ad una certa tradizione. L’equilibrio della lettura di Chailly giova alla Marcia funebre che, per nulla mortificata dall’assenza di un lugubre manto, trova una sua dolente umanità e rivela oasi di intatto lirismo. Il gesto di Chailly giova allo Scherzo, raccontato con vivace andamento e giova all’Allegro molto. La struttura articolata, sempre disegnata con sicurezza, rivela così tutta una serie di episodi che il Direttore milanese affronta e risolve con coerenza fino alla trascinante Coda finale, scandita con piglio esaltante, ma lontana dall’enfasi. La Filarmonica della Scala offre al Direttore la sua alta professionalità, compatta e al contempo capace di dare ottimo rilievo alla chiamata che Beethoven fa ai singoli strumenti o alle diverse famiglie orchestrali.
Dopo il cauto successo della Sinfonia n.2, la Sinfonia n.3 ha suscitato l’entusiasmo della sala. Spiace, almeno a me, che una parte del pubblico sembra preso dalla fregola di alzarsi e uscire non appena i suoni sono cessati.
Milano, Teatro alla Scala, 4 novembre 2019