Luigi Cherubini, Les Abencérages où l’Étendard de Grenade, György Vashegyi, Purcell Choir, Orfeo Orchestra, Anaïs Constans (Noraïme), Edgaras Montvidas (Almanzor), Thomas Dolié (Alémar), Artavadaz Sargsyam (Gonzalve/Le Troubaour), Philippe-Nicolas Martin (Kaled), Tomislav Lavoie (Alamir), Douglas Williams (Abdérame), Lórán Najbaner (Octaïr/Le Héraut d’armes) Ágnes Pintér (Égilone), registrazione effettuata dal 7 al 9 marzo al Bela Bartok National Concert Hall de Müpa Budapest
T. T. 169’08” Palazzetto Bru Zane
Il lettore che consultasse la discografia de Les Abencérages où l’Étendard de Grenade troverebbe una prima edizione, live, ricavata dalle recite fiorentine del 1957. Dirigeva Carlo Maria Giulini; nel cast, Anita Cerquetti, Mario Petri, Louis Roney e Alvinio Misciano. Poi un nuovo live, dalla Rai di Milano, del 1975, diretto da Peter Maag.
Ora, questa edizione, realizzata in Ungheria, va di pari passo con la pubblicazione della partitura e dello spartito canto e piano, sempre ad opera del Palazzetto Bru Zane. La si esegue su strumenti originali e ha le carte in regalo per essere un punto di riferimento nella conoscenza di questo lavoro e, di conseguenza, nella produzione di Luigi Cherubini. Les Abencérages, come è noto, andarono in scena nel 1813 e rappresentarono un altro momento verso la creazione di un grand-opéra, che andrà a sostituire la tragédie lyrique. La scelta di un argomento storico, preciso nei riferimenti ai reali protagonisti e persino ai luoghi dell’azione, ribadisce quel crescente interesse per la Storia che segnerà la stagione romantica. Il libretto di Étienne Jouy è efficace nell’abile distribuzione della materia. Il primo Atto presenta la situazione e la arricchisce di momenti spettacolari e pittoreschi con le entrate dei Trovatori e gli episodi di danza. Nel secondo si prepara la catastrofe; giova la brevità rispetto all’Atto precedente, prima di andare allo scioglimento. Il terzo Atto alterna la furtiva atmosfera notturna delle prime scene al felice e trionfale finale del dramma che, in ossequio al gusto francese, termina con un divertissement, qui non eseguito integralmente.
Come tutte le opere di Cherubini, anche Les Abencérages non si impongono per un’invenzione musicale travolgente; c’è, però, sempre una sapiente elaborazione che nel caso specifico non solo produce pagine di indubbio fascino, ma anche momenti drammaticamente significativi. Appartengono al primo gruppo i molti interventi del Coro, tutto l’episodio dei Trovatori, i numeri di danza del I Atto; al secondo, invece, alcune Arie, tra le quali spiccano quelle di Noraïme, che aprono il secondo e il terzo Atto, rispettivamente, “Ȯ toi, idole de mon coeur” e “Épaissis tes ombres funèbres”. Da un lato dipingono la tenerezza della fanciulla innamorata, dall’altro i turbamenti del suo animo. Non meno efficace è l’Aria, che esprime il desiderio di vendetta del perfido Alémar, “D’une haine longtemps captive”.
La presente esecuzione può contare sulla direzione chiara e puntuale di György Vashegyi e delle Masse Artistiche coinvolte nell’operazione. Il risultato è una lettura accattivante proprio per il suo equilibrio. Si tratta di un titolo, di fatto, sconosciuto al grande pubblico e anche agli addetti ai lavori. Si addice quindi una scelta prudente, che punti all’esposizione della materia. Anaïs Constans è soprano lirico con una bella carriera nei teatri francesi, in un repertorio eterogeneo, che va da Pamina a Blanche de la Force; mentre Edgaras Montevidas è un tenore lituano, versato nel repertorio lirico leggero. Thomas Dolié, il cattivo della situazione, è alla ribalta da più di un decennio, misurandosi sia con la produzione francese settecentesca, sia con il Mozart della Trilogia da Ponte sia con il Golaud del Pelléas et Mélisande.
Gioverà ricordare che l’opera fu scritta per la compagnia dell’Opéra che all’epoca comprendeva almeno tre fuoriclasse, Alexandrine Branchu e Louis Nourrit, padre del più celebre Adolphe Nouritt. L’una e l’altro erano campioni di quell’école du cri che contrassegnava lo style dell’Opéra. Il richiamo è d’obbligo. Ma con molta concretezza credo sia difficile poter ascoltare oggi un’esecuzione che renda con moderno spirito quella vocalità magniloquente ed altisonante, quello stile ‘grande’ che fece la fortuna della Branchu e di Nourrit, quella recitazione musicale che è elemento costitutivo della produzione operistica francese e che la differenzia rispetto a quella italiana. L’osservazione vuole porre il problema di una corretta rivisitazione dell’antico stile di canto e della sua ricreazione in tempi moderni che forse richiederebbe specialisti dedicati, un po’ come è avvenuto per il repertorio del barocco. Tuttavia, bisognerà riconoscere all’intera compagnia un apporto volonteroso, a cominciare dalla padronanza della lingua francese.
La pubblicazione si segnala per l’interesse dei saggi presenti nel volume che accompagna i cd, tra i quali andrà segnalato prima di ogni altro quello breve, ma puntuale, di Alexandre Dratwicki, attuale direttore artistico del Palazetto Bru Zane. Giustamente rivendica la specificità di Luigi Cherubini, musicista italiano di nascita, ma francese per stile e per capacità non solo di integrarsi nella scena parigina, ma anche di recitarvi una parte fondamentale nello sviluppo della produzione francese.
Giancarlo Landini