Prevista per le ultime tre recite di gennaio, Soioa Hernandez, ha sostituito Anna Netrebko fin dalla recita del 19 dicembre.

Professionista di indubbio livello, la Hernandez è soprano di chiara fama. Frequenta parti spinte di coloratura, la Lady e Abigaille. Affronta protagoniste del repertorio di fine Ottocento, da Wally a Tosca. Floria – lo dice Puccini stesso – richiede voce robusta.

Abbiamo ascoltato la Hernandez nella recita del 5 gennaio. Devo dire con franchezza che la sua Tosca non ci ci entusiasma. Il timbro, intanto, è piuttosto secco, avaro di armonici, più adatto a personaggi cattivi, quali quelli citati. Tosca, invece, vuole morbidezza e, persino sensualità. Una sensualità sfumata, languida, necessaria per evocare la “nostra casetta” e i bisbigli che emergono dai “franti sepolcreti”. L’osservazione si può estendere a “Vissi d’arte”: ben cantato, ma senza spunti particolari in fatto di aeree morbidezze e di delicati giochi di fiati. Troviamo che la Hernandez sia più apprezzabile nei passi che richiedono forza, dall’ “io piango” del I Atto ai momenti più roventi del II, alla “lama” dell’ultimo Atto. Non va dimenticato che la Hernandez, come i suoi partner, deve fare i conti con lo strumentale di Puccini e con una lettura, quella di Chailly, che non si risparmia certo in sonorità.

L’attrice è disinvolta; si muove con sicurezza e si inserisce perfettamente nello spettacolo. Ma come Anna Netrebko questa Floria, credo voluta dal regista, ci lascia perplessi. Specie nel primo Atto. Dov’è la diva? Quella camicetta bianca con la lunga gonna nera, le dà l’aspetto di una rigida istitutrice. É vero che Floria era stata educata dalle suore. Ce lo dice Sardou. Ma non mi sembra che sia la strada scelta da Puccini e da lui avvallata.

Altro

Ne approfittiamo per qualche sintetica chiosa.

Lo spettacolo rimane sempre troppo movimentato. Ma è innegabile il lavoro di Davide Livermore sui personaggi. Gesti, movimenti, azione dei singoli: tutto è calibrato alla perfezione. Mille particolari studiatissimi e coerenti.

Alfonso Antoniozzi e Carlo Bosi sono due splendidi caratteristi.

Luca Salsi è sempre un ottimo Scarpia. Il lavoro sulla parola è davvero encomiabile. Accento e fraseggio vanno a braccetto con una recitazione credibilissima. Non a caso è applauditissimo.

Francesco Meli è musicista di alta classe e dopo “E lucean le stelle” il pubblico lo premia con una ovazione.

Successo vivissimo. Trionfo per Chailly.

Giancarlo Landini