Grande successo al Teatro Coccia di Novara di Mettici il cuore. Canavacciuolo all’opera.
La prima opera live cooking con protagonista il noto chef Antonino Cannavacciuolo, con m
usica di Valentino Corvino e libretto di Vincenzo de Vivo.

Di Andrea Merli

L’idea si è dimostrata assolutamente vincente: legare – termine frequentemente usato in cucina, per altro – un personaggio popolarissimo, un cuoco (su sua stessa definizione, poiché “chef” è ritenuto troppo generico quale “capo”) di fama internazionale che gli innumerevoli passaggi in TV, sia in concorsi che in programmi di cucina e spot pubblicitari, hanno reso familiare, al mondo dell’opera, al Teatro Coccia dov’è di casa poiché ne gestisce l’annesso raffinatissimo bar ristorante.

Ovviamente la presenza catalizzante di Antonino Cannavacciuolo si limita ad interferire recitando sé stesso in una trama operistica scherzosa, degna della migliore tradizione buffa, ambientata appunto in un corso di alta cucina tenuto in palcoscenico, con cucina, fornelli ed ingredienti veri. Ripreso da una telecamera in diretta, lo vediamo sfilettare magistralmente un branzino, preparare il “fumetto” e gli ingredienti per cucinare il piatto che lo ha reso famoso: linguine di Gragnano, calamaretti spillo e salsa di pane. Al suo fianco, in veste di aiutante, Mimì una ragazza che frequenta il conservatorio e studia da soprano. Quattro i partecipanti al corso: l’ingegnere edile Furio, che confessa di avere una cotta per la gastronomia che poi dirotterà sul suo compagno di avventura Narciso, un blogger laureato in economia aziendale. C’è poi Samantha, una vistosa quarantenne in cerca di nuove esperienze e che vorrebbe dare una “ripassata” finale a Rudy, studente rapper innamorato di Mimì il quale al corso si è iscritto solo per starle vicino.

Nel giro di un’oretta, cucinando in diretta, tutti cercano di emulare il Maestro, che li stimola e suggerisce loro le giuste mosse ed i segreti del mestiere. Lo Chef capisce però la situazione tra Rudy e Mimì e la favorisce chiedendo a quest’ultima di seguire personalmente il maldestro aspirante cuoco. Non basta, alla fine cede loro due biglietti per recarsi all’opera e conclude con una sola raccomandazione: per riuscire, in cucina, come in amore, devi Metterci il cuore.

Ad assecondare lo spassoso libretto, scritto in rima baciata con grande maestria da Vincenzo de Vivo su un soggetto ideato da Luca Baccolini, troviamo la musica coinvolgente e trascinante di Valentino Corvino, che si è rivelato anche ottimo direttore di sé stesso, ricca di citazioni, di contaminazione, di stili diversi, passando dal Rap al tango, dal Jazz al cembalo barocco, riuscendo in un’impresa che dovrebbe servire da modello: fare musica colta sì, ma orecchiabile, distinguibile e memorizzabile. L’abilità con cui sono costruiti arie, duetti, scene d’assieme e concertati ci riporta ad una tradizione fruibile che non dovrebbe mai essere tradita. E così, per una volta, si sente il pubblico ridere, partecipare ed applaudire i singoli brani in un’opera contemporanea.

Il cast, tolta la straripante e monumentale presenza dell’Antonino Nazionale cui basta entrare in scena per scatenare un applauso e che poi si rivela autoironico e presto anche nelle battute sorte spontaneamente, è parso semplicemente perfetto: la giovanissima Federica Guida, soprano palermitano vincitore di concorsi e di sicuro avvenire, è stata una deliziosa Mimì ed ha avuto il suo bel momento in un’aria di grande intensità. Riccardo Della Sciucca, tenore emergente dal bel timbro ed apprezzabile linea di canto, è stato un Rudy spiritoso, ammiccante e sciolto anche nella recitazione e nel canto non impostato. Il controtenore Ilham Nazarov, Narciso, ha sorpreso gran parte del pubblico che non si aspettava la “baroccata” in una giovane blogger un po’ svenevole ma determinato e così il bravo baritono Federico Sacchi è stato un furio esilarante nell’interminabile cadenza “verdiana” della sua aria dello … scalogno! Una lode speciale alla pepatissima Samantha di Elena Belfiore, veterana del gruppo, ma animata da uno spirito indiavolato, insinuante e sinuosa su ritmi jazzistici.

L’orchestra del Coccia apprestata per l’occasione, quindici elementi con batteria e pianoforte in buca, si è dimostrata duttile e divertita nel mettersi in gioco e lo spettacolo curato registicamente da Roberto Recchia, affiancato per le riprese video da Umberto Spinazzola, non poteva esser più centrato, dinamico e ritmicamente sfrenato grazie anche alla bella ed odorosa scena (grazie ai fornelli!) di Marco Carella ai movimenti coreografici di Paola Carnovale e all’ottima illuminazione di Ivan Pastrovicchio.

10 novembre 2019